Non sono fuori di “taste” alla manifestazione “Taste of Roma” che si è svolta nella capitale dal 26 al 29 settembre: i piatti dei migliori chef stellati al prezzo di 5-6 euro l’uno. Lo scorso anno ha debuttato, quest’anno ha bissato e a giudicare dai numeri c’è da aspettarsi un tris in grande stile.
Brevemente di cosa si tratta (tutte le informazioni possibili immaginabili sul sito tasteofroma.it): alcuni tra i migliori ristoranti di Roma propongono una scelta di tre piatti tra i più rappresentativi dei rispettivi menù, sotto l’occhio vigile degli chef pluristellati e delle loro brigate di cucina, che li servono per la modica cifra di pochi euro.
Accanto a questo, fulcro del festival, un fitto elenco di incontri, lezioni e dimostrazioni gastronomiche tenuti dagli stessi chef e dai docenti della scuola di cucina “A tavola con lo chef”. Conosco piuttosto bene la scuola; ho frequentato i loro corsi professionali che mi hanno permesso di diventare una cuoca. Il livello di preparazione degli insegnanti è molto alto.
Quindi ci troviamo di fronte ad un organizzazione che offre al grande pubblico un prodotto eccellente, in un modo accattivante, facilmente fruibile e conviviale. Questo aspetto mi ha intrigato e spinto a tornare anche quest’anno. E ho confermato le mie aspettative.
Ecco l’elenco degli chef e relativi ristoranti rappresentati:
Roy Caceres e il “Metamorfosi Restaurant; Francesco Apreda e l’”Imago all’ Hassler”, Acangelo Dandini e “L’Arcangelo”, Danilo Ciavattini e l’ “Enoteca la Torre a Villa Letizia”, Andrea Fusco e il “Giuda Ballerino”, Cristina Bowerman e il “Glass Hosteria”, Stefano Marzetti e il “Mirabelle Hotel Splendide Royal”, Giulio Terrinoni e l’ “Acquolina Hostaria in Roma”, Angelo Troiani e “Il Convivio Troiani”, Heinz Beck e “La Pergola-Hotel Rome Cavalieri”, Luca Collami e il “Ristorante Baldin”, Daniele Usai e il “Ristorante Il Tino”, Filippo Saporito e “La Leggenda dei Frati”, Giuseppe Iannotti e il “Kresios”.
I piatti preparati in ogni stand-con-cucina sono serviti nell’arco di pochi minuti, anche durante l’orario di massima affluenza di pubblico (io ho partecipato tra le 19 e le 23 di sabato sera); per ognuno di essi è indicato se adatto a vegetariani, vegani e celiaci. Un altro aspetto interessante.
Mi sono spostata su e giù tra le varie cucine, ho assaggiato varie “creazioni”, i “Ravioli all’amatriciana e guanciale croccante” e il “Wrap con piccione, caviale di frutti rossi e gastrique piccante” della Bowerman; il “Tonno tonnato”, gli “Spaghetti cacio e pepe con gamberi bianchi marinati al lime” di Beck, la “Parmigiana di pesce bandiera” di Terrinoni, la “Mousse alla malvasia puntinata, fichi e croccante alle mandorle” di Usai.
Un mondo di sapori a volte nuovi, inediti e intriganti; altre volte così strettamente ancorati alle tradizioni dei vari territori regionali; puliti e lineari o complessi e sfaccettati. Sempre, comunque, specchio di una profonda cultura, messa a nostra disposizione: delle materie prime, degli ingredienti, della storia alimentare da cui proveniamo, e, posso dire, delle esigenze verso cui ci muoviamo.
Ho respirato un’aria di trasformazione nel mondo dell’alta ristorazione. Ho scambiato risate con Heinz Beck, scattato una foto con Cristina Bowerman, fotografato i piatti di Angelo Troiani, tutto in un’atmosfera di divertimento e voglia di condivisione. Non più o non solo quel mondo inavvicinabile e a volte un po’ snob a cui non mi sono mai abituata.
Sono piccoli segnali. Così come la ritrovata e ormai consolidata attenzione alla cucina della tradizione; o la voglia di conciliare una cucina a due stelle Michelin con la sostenibilità ecoambientale dei prodotti scelti e dei metodi di lavorazione.
Benvenuta nuova ristorazione!