Era un sabato mattina qualunque e durante l’abituale spesa al supermercato, realizzai quanto fosse ormai scontato per me acquistare dei pomodori in pieno inverno, senza nemmeno più domandarmi quale fosse la provenienza, quali fossero gli impatti sull’ambiente di un trasporto su gomma da un capo all’altro dell’Europa o ancora se i valori nutrizionali di quei pomodori fossero inalterati nonostante la conservazione e maturazione in celle frigorifere.
In altre parole ho capito che non sapevo più quello che mangiavo, ed essendo il cibo l’unica cosa che introduciamo nel nostro corpo, ho compreso che era giunto il momento di tornare a raccontare ciò che cucinavano i nostri nonni per imparare nuovamente a riconoscere cosa fa bene e cosa fa male, quando è meglio mangiare pomodori e quando invece è preferibile consumare una verza.
Ed è così che è nato Oplà! ti fa bene per il desiderio di condividere un percorso di riappropriazione del saper cucinare bene e con prodotti di stagione; un voler ritrovare una consapevolezza che abbiamo perso con l’errata abitudine di trovare sui banchi dei nostri supermercati tutto e tutto l’anno.
Oplà! ti fa bene è un progetto così recente che non credo d’avere ancora maturato un’esperienza tale per poter affermare con certezza “cosa deve” o “non deve” avere un sito di successo; tant’è che sono ancora alla ricerca di una adeguata linea editoriale, in grado di catturare l’attenzione di quel gruppo di lettori interessati al tema centrale del mio blog: la riscoperta del saper mangiare bene con i prodotti di stagione, nel solco tracciato dalle tante ricette legate al territorio e alle tradizioni locali.
Sebbene ancora fatico a riconoscermi nei panni del foodblogger, posso però condividere la mia esperienza di assiduo lettore. In un blog apprezzo la qualità e l’accuratezza dei contenuti pubblicati, detesto infatti leggere strafalcioni grammaticali e vedere immagini poco curate, che denotano scarsa professionalità e rispetto dell’autore nei confronti del proprio pubblico e che, almeno nel mio caso, provocano abbandono del sito. Insomma un articolo scritto male mi provoca lo stesso effetto di una pasta scotta servita in un piatto di finissima porcellana inglese.
La cucina è prima di tutto convivialità, quindi inviterei tutti quanti a presentarsi a casa nel tardo pomeriggio, farei trovare sul tavolo farina, uova, latte, verdure di stagione, formaggi, un mattarello, qualche pentola e del buon vino per iniziare a costruire insieme il ricordo della giornata.
Abitualmente pubblico i miei articoli su Facebook, Twitter, Instagram e Pinterest ma anche su media meno popolari come Flipboard e Medium, perché ritengo che i social network rappresentino un importate ponte di collegamento tra il pubblico e il mio blog.
Un collegamento che richiede però uno sforzo continuo per riadattare le informazioni pubblicate alle diverse piattaforme che, almeno nel mio caso, ha portato finora risultati mediocri, infatti registro più “mi piace” che condivisioni o commenti e posso tranquillamente affermare il traffico generato dai social è un decimo di quello portato dai motori di ricerca o dagli aggregatori di notizie.
Insomma anche in questo ambito ho molto da lavorare per comprendere come far interagire al meglio le pagine social di Oplà! ti fa bene con il blog e magari arrivare alla creazione di una comunità di affezionati che discutono sugli argomenti di volta in volta proposti.
Non essere mai sazi di quello che si conosce e continuare ad ascoltare, leggere, assaggiare e sperimentare perché in cucina l’ingrediente segreto è la curiosità.